lunedì, settembre 25, 2006

Con Giuseppe Albanese a Piacenza

Ieri mattina a Cremona: la luce compatta e azzurra del cielo settembrino, la pietra rosa dei vecchi palazzi, il suono dei violini da malchiuse finestre, i miei passi sull'acciottolato mentre vado al Teatro Ponchielli per la prima prova di Trovatore. Pochissima gente cammina, qualcuno in bicicletta. Gli alberi ancora carichi di foglie rosse e ocra. La musica del Trovatore non può scaturire da sorgente diversa che da queste mura stagionate e craquelées, che dal porfido entro le cui commessure spuntano mille erbe capricciose: la musica è nell'aria, nelle ombre, nei porticati, ma anche nella parlata un po' larga, nei sapori, nei saloni scintillanti del teatro e, due passi più in là, nelle botteghe feriali. Quando si fa musica italiana nei teatri americani tutta questa armonia è sfaldata, la si deve recuperare a posteriori, o, in senso latino, fingere. La solitudine del mattino, l'afrore del caffé, l'aria fresca sulle gote appena rase sono una promesse de bonheur, un'avvisaglia di suoni e atmosfere verdiane, il prodromo dell'universo notturno, fiammeggiante e pietoso del Trovatore.

Ci sono tutti i cantanti, tranne il baritono. Rivedo Oksana Dyka con la quale avevo preparato Leonora a Kiev, in agosto. Non ha scordato nulla ed anzi ha approfondito lo stile. Di Francesco Hong, il primo Manrico, sapevo avesse un "do" eccezionale, ma ancora più stupefacente è la duttilità, la morbidezza, la capacità di accettare e realizzare tutti gl'infiniti segnali della natura introversa (così pre-Don Carlo!) di quel ragazzo "deserto sulla terra": e cioè i pianissimo, gli espressivo, i mezzavoce, i cantabile, il legato.

La sera a Piacenza. Concerto con la Toscanini, al bellissimo Municipale, una gioielliera del primo Ottocento. Acustica eccellente, che permette molti giochi dinamici anche non immaginati in prova. Giuseppe Albanese, che ha la parte solistica nel Secondo Concerto di Shostakovich, è un virtuoso formidabile ma sfoggia anche il gusto del suono, la delibazione di quella melodia semplice e dolorosa che percorre e innerva la Sarabanda del secondo tempo. Ha un grandissimo successo, e fa un magnifico Scriabin come bis. Mi piace così tanto che mi siedo sul podio e resto in mezzo all'orchestra ad ascoltarlo (mai fatto prima). Torno a Milano in macchina nella notte (la pioggia aiuta a star sveglio) con l'ossessione del 7/8 di Shostakovich nella testa. Dopo i concerti non dormo mai prima delle 6 o 7 del mattino, ma dovrò alzarmi presto per le prove di Trovatore al Dal Verme. Due capitoli della Storia della mia vita di Casanova (il mio livre de chevet da due settimane), e mi addormento.

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